lunedì 25 novembre 2013

UN VIAGGIO PER RINASCERE!

A quel matrimonio non avrei voluto andarci. Oramai ero in autostrada. Una sorta di confusione mi ottundeva i sensi. Guidavo come ipnotizzato dal rumore del motore. Riuscivo a concentrarmi solo su quello. Un ronzio monotono, una frequenza sonora che assorbiva tutta la mia attenzione. Ero una specie di cruise control umano. Un accessorio pagato oltre 300€ che non mi serviva a nulla quella mattina. L'angolo che la mia caviglia aveva impostato sull'acceleratore era granitico. Non si spostava di mezzo grado. mantenevo una velocità costante. Paradossalmente avrei voluto fermare il tempo. procedevo sostenuto, ma l'invarianza della velocità mi dava l'illusione di rimanere fermo, sospeso, come se avessi avuto necessità di altro tempo per pensare. Mi avevi invitato, in virtù del fatto che anche dopo, si possa rimanere amici. Mi domando, ancora adesso, chi l'abbia inventata questa cosa. Dopo la galleria, rividi il mare. Dopo due anni, ero di nuovo nella tua città. Finalmente, rallentai. La discesa e il bagliore dell'acqua mi riportarono alla realtà. Quante volte, quel bagliore, dopo il buio della galleria, mi aveva messo addosso la frenesia di percorrere gli ultimi chilometri in fretta, per bussare alla tua porta. Adesso, sarei venuto direttamente in chiesa. Come un amico, un invitato. Eri bella con il tuo abito, bella come sempre, di una bellezza sfacciata ed inconsapevole. Ero seduto al tavolo del banchetto, su una sedia di braci. Tua zia, di fronte, mi faceva il solito questionario, stavolta più fitto del solito, in un tentativo mal riuscito di mettermi a mio agio. Tuo padre mi aveva abilmente evitato, così come tua madre, e questo, per la zia buona, era un problema vero. Ricadeva su di se, tutta la responsabilità di farmi stare bene. Sfilarono le pietanze. Effluvi che in un altro momento avrei trovato divini, ma che quel giorno mi davano solo il senso di nausea. Ore di disagio, che volontariamente mi ero inflitto, in nome di cosa, poi, mi fu chiaro solo più tardi. Finalmente arrivò il momento dei saluti. Mi evitasti tutto il giorno, ma a quel punto dovevi guardarmi in faccia. Neppure mi presentasti a tuo marito. Cosa gli avresti detto? Chi ero? Gran figo tuo marito, nulla da eccepire. Un gran dritto. Eppure non sapeva che in quelle tue carni olivastre mi ci ero tuffato mille volte. Non sapeva che avevo respirato nei tuoi bellissimi capelli scuri e  lunghi e tanti e consistenti e carnosi. La ghiaia del vialetto d'uscita crepitava infastidita dalla pressione dei miei pneumatici. Bella la tua città, la nostra città, illuminata a festa dalle luci notturne. Qualche minuto e sarei stato di nuovo in autostrada.  Ponto, Anna, come stai? Io tutto bene. Che mi racconti? No tranquilla.....sono stato impegnato a morire ultimamente.....ah ah, no, davvero sto bene, da stasera più che mai. Sono in autostrada, sono appena rinato. 

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