sabato 30 agosto 2014

ATTIVIAMOCI PER LA RICERCA

Ho appena ricevuto questa segnalazione dall'Ufficio Stampa Fiat. Diffondo volentieri. Spero facciate lo stesso.

venerdì 22 agosto 2014

DUE UOMINI E UNA DUSTER - Palazzo Florio, Favignana. Stavolta senza Duster






Palazzo Florio, in stile Liberty, progettato dall'architetto Almeyda Damiani, fu la residenza estiva della ricca famiglia da cui prende il nome. Realizzato con la pietra corallata Favignanese, accoglie con la sua bellezza i viaggiatori che arrivano al porto. Oggi di proprietà del Comune, ospita un piccolo museo e mostre temporanee. Il giardino abbellito da alberi tipicamente mediterranei con qualche incursione africana, lo circonda completamente. Varcato il cancello di ingresso, si entra in un'atmosfera senza tempo. Un incantesimo che riporta agli antichi splendori, sembra quasi che qualche nobildonna appaia all'improvviso sullo scalone per accompagnarci al salone superiore, al primo piano. L'ingegno dell'architetto ha creato una sorta di illusione ottica. Arrivati al primo piano, sembra che non vi sia modo di accedere al secondo. Eppure, dall'esterno e' evidente che ci sia. Scoprirò poi che per dividere nettamente la zona di rappresentanza da quella più specificatamente privata, furono realizzate una serie di scale praticamente invisibili agli ospiti. Segno che il senso della privacy non sia un concetto recente. Altri tunnel collegano la residenza ai Pretti, complesso architettonico poco distante, dove trovarono posto le cucine, le scuderie e le stanze della servitù. Oggi, i Pretti, sono diventati un lussuoso albergo ricco di fascino. Palazzo Florio ospito' personaggi illustri durante il periodo della mattanza, la feroce quanto suggestiva pesca dei tonni, emblema della battaglia tra uomo e natura. Non fu solo meta mondana per la famiglia, ma anche luogo di ristoro per i dispiaceri della vita. Donna Franca, infatti, trascorse un lunghissimo periodo a Favignana dopo la morte della figlia Giovanna. Forse, solo un luogo magico come quest'isola poteva sollevare da un dolore simile. Quest'anno le sale ospitano una mostra dedicata a Zu Sarino, artista locale dall'ingegno originale, condito da un pizzico di stupenda follia. Anni fa ebbi il piacere, quando era ancora in vita, di poterlo conoscere. Le leggende intorno alla sua persona unite al suo stile, mi ricordarono immediatamente Ligabue. Rivedendo adesso le sue opere non posso che confermare la mia prima impressione. Potrei scrivere milioni di parole, ma non riuscirò mai a restituire al lettore le sensazioni che si provano visitando questo gioiello. Bisogna andarci di persona. Come tutte le cose belle, esiste anche in questo caso l'aspetto negativo. Come si potrà immaginare, il palazzo necessita di manutenzione periodica. A quanto pare però chi dovrebbe occuparsene con amore pensa che queste operazioni possano o debbano essere solo un modo per fare soldi. L'ultimo restauro, certamente non conservativo, e tralascio qui gli scempi commessi, ha esaurito i fondi stanziati molto prima della fine dei lavori. Il risultato e' che la meravigliosa terrazza e' crivellata di buchi, letteralmente, quindi inagibile e non fruibile ai visitatori, stesso discorso per il secondo piano, non visitabile pare per problemi di tenuta del tetto. Spero non accada, ma se dovesse crollare qualcosa, piangeremo per l'ennesima risorsa perduta. Dopotutto, un famoso ministro della repubblica del nulla, disse che con la cultura non si mangia........

































































giovedì 21 agosto 2014

DUE UOMINI E UNA DUSTER - Cala Rossa

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CALA ROSSA - FAVIGNANA - EX CAVA DI TUFO



La battaglia decisiva della prima guerra Punica avvenne qui. La cala prende il suo nome dal mare che divenne rosso per il sangue versato. Oggi leggiamo questa pagina di storia come una semplice cronaca, dimenticando la vera tragedia che si consumo' su queste meravigliose acque. La guerra, in qualsiasi momento storico, rimane una barbarie. Schifosa e' oggi, schifosa dovette essere allora. Ero indeciso se farne cenno, ma tant'è, il mito rimane tale. Il luogo e' davvero straordinario. Sfruttato per secoli come cava di tufo, materiale con cui è stata edificata tutta la parte urbana dell'isola, si raggiunge percorrendo una strada bianca che contribuisce a mantenere intatto lo stato selvaggio del sito. Come si nota dalle immagini, Cala Rossa e' diventata meta di pellegrinaggio per i turisti che soggiornano a Favignana. Dopo aver lasciato l'auto in uno dei parcheggi predisposti dal Comune, bisogna camminare qualche minuto sotto un sole implacabile accompagnati però da un piacevolissimo vento perenne. Sembra dura, ma scorgere durante la passeggiata i giardini ipogei ripaga in buona parte, finché non si ha un vero e proprio moto dell'animo, quando attraverso alcuni faraglioni non si scorge la più bella gamma di tonalità di azzurro che la mente umana possa immaginare. E da li si inizia ad accelerare il passo, spinti dall'incredulità, temendo quasi si possa essere trattato di un equivoco. Troppa bellezza può confondere. Arrivati alla spianata, che gioia scoprire che avevamo avuto solo un'anteprima di quanto possa essere superba la natura. Sono gli esseri umani la parte peggiore di essa. Gli occhi riescono a fatica a contenere lo spettacolo. Dalla costa alta e frastagliata si ammira una gigantesca piscina naturale incastonata in un semicerchio di roccia e terra. In fondo, all'orizzonte, solitaria e paciosa, circondata dal blu intenso, l'isola di Levanzo. A destra, verso Trapani lo scoglione di Formica, un tempo sede di tonnara, oggi centro di recupero da tossicodipendenza. Scendere verso quell'immensità cristallina richiede un po' di sforzo, lautamente ripagato. Nuotare con i pesci colorati quando capita nella vita? Una volta in acqua, altra sorpresa. Rivolto il punto di vista alla costa, si scopre l'anima cubista del posto. Tagli netti, immensi squarci squadrati, pareti a piombo, scalini, gallerie, un dedalo infinito di passaggi, testimoniano la mano umana. Come accennavo sopra, da qui hanno estratto il materiale edile per costruire il paese conferendo al luogo un aspetto ancora più non ordinario. Mille incisioni decorano le pareti. Moderni graffiti mantengono memoria di tanti che da qui sono passati. Sono indeciso se la cosa mi piaccia o meno. Però mi chiedo cosa stiano facendo oggi MARCO E MARZIA FOREVER 24/08/1982 e se ogni tanto tornano a rileggere la promessa eternata nella roccia.








venerdì 15 agosto 2014

DUE UOMINI E UNA DUSTER - La pietra corallata, la pietra che canta






Nietzsche riteneva che il futuro fosse nelle mani degli artisti. A giudicare dall'amore del Maestro Antonino Campo per la rivalutazione e la conservazione del territorio, c'è da credere al grande filosofo. Ho conosciuto Campo qui a Favignana durante una serata divulgativa da lui curata, tenutasi nella meravigliosa cornice lunare di Cava Sant'Anna. Antica risorsa tufacea, oggi conosce nuova vita come luogo aggregativo per residenti e turisti. Si trova in pieno centro storico, nell'omonimo quartiere. Le sue pareti di roccia viva fanno sfoggio di una narrazione appassionata di quella che fu un'attività di enorme rilievo per l'isola. 


I CANTUNA

U suli un trapanava nta pirrera
perciò un si capia quannu muddari.
Matina, mezziornu, sira,
eri sempre l'ura  giusta:
ura di travagghiari senza sosta.
E sutta l'occhiu certu e manu franca
a roccia matri figghiava cantuni 
a beddu cori, a carrittati sani.
I muli i purtavano o scalu
dunni varcuna, chini comu l'ovu,
viaggiavanu versu a terra ferma.
Dda i cantuna erano apprizzati
pi fabbricari casi e monumenti.
U tempu ancora i cunserva sani 
come testimoni di dda fatica 'nfami
e si ci cririti, sciatianu d'amuri 
e ancora culanu di sururi.
BICE BANNINO


Nel 2010 al Maestro viene riconosciuto, dal Comune di Favignana, il ciclo di lavorazione della locale pietra tufacia quale Eredità Immateriale di Interesse Locale del territorio, iscrivendolo nel relativo Libro dei Saperi, visto l'esito positivo del procedimento di valutazione attuato dalla Commissione Scientifica in seno all'Associazione "I WORLD", nel rispetto dei principi sanciti dalla Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003. 

Con la DUSTER ho percorso la stradina di Contrada Badia, in cerca del museo a cielo aperto sede anche del laboratorio dello scultore. Mi accoglie con la sua aria serafica, i capelli bianchi sottomessi ai capricci del vento. Lui parla, mi racconta, mi spiega. Io resto in preda all'emozione. A stento oso interromperlo. Temo di rompere l'incantesimo. Mi sento quasi indegno. Provengo dal caos, dalla grande città, dove il disordine e' la norma. Lui parla di natura, di vento, di acqua che vive. Rimango impressionato da questo verbo. Dice proprio " l'acqua dolce che vive alla base delle cave". Ha un rapporto privilegiato con tutti gli elementi. Non li teme, li rispetta. E' un cantore, progenie degli antichi. Ogni tanto mi osserva. Fa una pausa. Rimango immobile in attesa che riprenda. Faccio le mie foto quasi di nascosto. Non usa i social, si è solo convertito ad un cellulare semplice e alla posta elettronica. Il mio tablet che ritengo un fedele compagno mi sembra adesso solo un profanatore in mezzo a tanta meraviglia. Fotografo teste di cavalli, donne sirene, foche monache e ad ogni scatto chiedo scusa mentalmente a quelle opere per il disturbo arrecato. Mi ricorda a tratti Modigliani, a volte il Barocco Siciliano con le sue forme aggettanti. Ho dovuto far ricorso a tutto il mio coraggio per chiedere di far entrare l'auto nel vialetto e poterla immortalare insieme ad alcuni dei suoi pezzi. Onestamente mi aspettavo un rifiuto, ma come tutte le persone eccezionali immagino abbia capito al volo quanto ci tenessi e mi ha detto un si con un sorriso. Porto con me il ricordo dei "cantuna", la pietra corallata, la pietra che canta, bianca e bella come la luna, pietra nella quale ogni immagine acquista nuovo valore, nuova coerenza, pietra nella quale ogni soggetto ritrova la purezza delle origini. La ringrazio Maestro. A presto.












































domenica 10 agosto 2014

DUE UOMINI E UNA DUSTER - punta sottile e burrone





























A volte un posto ti dimostra con semplicità che vivi all'inferno ma anche che il paradiso esiste. Favignana ha un ritmo diverso, profumi percepibili, suoni, colori che non conosci. Stamattina giro dell'isola in auto. La Duster non si è scomposta quando ho abbandonato l'asfalto, qui nella maggior parte dei casi liscio come un tavolo da biliardo, per puntare dritto sullo sterrato. Spuntoni di roccia affiorano dal terreno, sassi e ciottoli ovunque. Giusto un po' di attenzione per non rovinare le gomme e si arriva su strapiombi che sono balsamo per la vista e l'anima. Trasparenze, azzurro, blu, verde, colori liquidi a protezione di meravigliose praterie di posidonie. Punta Sottile si raggiunge lasciando il paese percorrendo la strada principale per circa quattro km. E' un piccolo borgo marinaro con tradizionali case di pescatori. Qui trovano sede ottime scuole di diving. Nessun rumore se non quello di alcune sartie cullate dal moto ondoso, il sibilo del vento e il miagolio di un gatto che annuncia la sua presenza agli astanti. Pace, tanta pace. Una nuvola bassa avvolge la fortezza di Santa Caterina alle mie spalle. Mi restituisce un'immagine da fiaba, mi rende per un momento bambino. Nessuna paura, nessuna adulta preoccupazione. Dura il tempo di un minuto, ma tanto mi basta per essere grato al luogo in cui mi trovo.


Ieri a Cala Azzurra mi sono bruciato come un buon pollo arrosto. Oggi ho bisogno di un ombrellone. La mia pelle lo implora. Decido di puntare verso zona Burrone. C'è un lido attrezzato. Apprezzo gli enormi specchietti retrovisori dell'auto quando accosto ai muretti a secco per lasciar passare uno sciame di biciclette in modo da non creare nessun disegno astratto sulla fiancata. A proposito, questa e' l'isola delle biciclette e dei mezzi elettrici. Ottimo direi. La spiaggia e' libera. Puoi sistemarti come vuoi, ma se ne hai bisogno, puoi noleggiare ombrellone e lettino. Incluso nel prezzo, wi-fi e cortesia. Ombrelloni in tinta con la sabbia, personale dotato di ricetrasmittenti per comunicare qualsiasi tipo di problema ed esigenza, minuscolo cingolato per lo spostamento delle attrezzature naturalmente elettrico. Bene, sono soddisfatto. Una leggera brezza mi ristora aiutandomi a scrivere questo pezzo. Uhmmmm. Lo stomaco chiama. Vado a mangiare. Tra un po' vi racconto cosa. 


Come vedete, ho mangiato. Al gazebo in legno qui sulla spiaggia, ho scelto un cuscus alle verdure e una birra leggera. Prezzi non proprio pop, ma va bene. Il mio stato di benessere persiste. Scusatemi se non vi mostro la coppa di spicchi di pesche e fichi giganti. La mia bocca e' stata più veloce dello scatto di una foto. 

sabato 9 agosto 2014

DUE UOMINI E UNA DUSTER - cena a Ficarra.











Involtini di melanzane , zucchine grigliate, salumi fragranti dei Nebrodi, cuscus di verdure, "funcittu", tuma fusa, frittatina alle erbe aromatiche, polpettine in agrodolce. Nuccio volteggia spargendo bellezza sul tavolo, e sapori, profumi, tanti, infiniti. Degno complice di Roberto, lo chef, ci stordisce quasi. La vista, l'olfatto, il gusto sono ormai caduti in quello che si rivelerà amore totalizzante per una cucina della tradizione che in questo posto non hai mai ceduto il suo scettro a nessuna diavoleria di "importazione". Siamo increduli. La conversazione si è trasformata in suoni gutturali di approvazione, di mugugnato invito a mettere nel piatto questa o quella pietanza. Sorrido, mi sciolgo per amore di una polpettina, mi esplode in bocca l'uvetta passa che chiama a se il formaggio per coinvolgermi in un rito godurioso che neppure le Baccanti di Euripide. Scende il vino in gola. Lo bevo in cerca di fuga. Mi è nemico. Esalta il godimento. E' di velluto, morbido, avvolgente. Ho il palato in estasi. Affondo la forchetta nel cuscus. Sento il pizzicore delle spezie, la frescura della verdura croccante. Chiudo l'amplesso con un pezzo di tuma fusa. Riacquisto il dono della parola e ringrazio Nunzia. Giamba ha gli occhi lucidi, non so se per l'emozione oppure per il liquido diavolo nero. Arriva Roberto al tavolo, ha un ghigno sul viso. Sa bene che siamo piacevolmente sfiniti. Promette un primo.  E che primo. Maccheroni con finocchietto selvatico al ragù di maiale nero. Non pensate ai maccheroni di Alberto Sordi. Questi sono spessi come i bucatini ma senza foro. Una pasta artigianale tipica del luogo. Chicca finale, facoltativa in teoria ma praticamente d'obbligo, una bella nevicata di ricotta salata. Fiocchi candidi a coprire il sugo denso. La pasta annidata in una bellissimo piatto a forma di cappello di prete e' pronta a sedurci. Inutile dire, abbiamo ceduto. Le narici, la lingua, il palato, gli occhi hanno conosciuto ciò che neppure avrebbero potuto immaginare. Hanno bisogno di acquietarsi, di sedimentare tante sollecitazioni, di farne tesoro per ricordarsene al fast food. Chiudiamo in dolcezza dice Roberto. Vi porto una mattonella. Un rettangolo metà bianco e metà nero. Cioccolato e vaniglia speziati alla cannella. Una carezza, un bacio della buona notte. Adesso avrete capito perché abbiamo parcheggiato nel posto sbagliato....

( www.labadiaristorante.com )