venerdì 15 agosto 2014

DUE UOMINI E UNA DUSTER - La pietra corallata, la pietra che canta






Nietzsche riteneva che il futuro fosse nelle mani degli artisti. A giudicare dall'amore del Maestro Antonino Campo per la rivalutazione e la conservazione del territorio, c'è da credere al grande filosofo. Ho conosciuto Campo qui a Favignana durante una serata divulgativa da lui curata, tenutasi nella meravigliosa cornice lunare di Cava Sant'Anna. Antica risorsa tufacea, oggi conosce nuova vita come luogo aggregativo per residenti e turisti. Si trova in pieno centro storico, nell'omonimo quartiere. Le sue pareti di roccia viva fanno sfoggio di una narrazione appassionata di quella che fu un'attività di enorme rilievo per l'isola. 


I CANTUNA

U suli un trapanava nta pirrera
perciò un si capia quannu muddari.
Matina, mezziornu, sira,
eri sempre l'ura  giusta:
ura di travagghiari senza sosta.
E sutta l'occhiu certu e manu franca
a roccia matri figghiava cantuni 
a beddu cori, a carrittati sani.
I muli i purtavano o scalu
dunni varcuna, chini comu l'ovu,
viaggiavanu versu a terra ferma.
Dda i cantuna erano apprizzati
pi fabbricari casi e monumenti.
U tempu ancora i cunserva sani 
come testimoni di dda fatica 'nfami
e si ci cririti, sciatianu d'amuri 
e ancora culanu di sururi.
BICE BANNINO


Nel 2010 al Maestro viene riconosciuto, dal Comune di Favignana, il ciclo di lavorazione della locale pietra tufacia quale Eredità Immateriale di Interesse Locale del territorio, iscrivendolo nel relativo Libro dei Saperi, visto l'esito positivo del procedimento di valutazione attuato dalla Commissione Scientifica in seno all'Associazione "I WORLD", nel rispetto dei principi sanciti dalla Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003. 

Con la DUSTER ho percorso la stradina di Contrada Badia, in cerca del museo a cielo aperto sede anche del laboratorio dello scultore. Mi accoglie con la sua aria serafica, i capelli bianchi sottomessi ai capricci del vento. Lui parla, mi racconta, mi spiega. Io resto in preda all'emozione. A stento oso interromperlo. Temo di rompere l'incantesimo. Mi sento quasi indegno. Provengo dal caos, dalla grande città, dove il disordine e' la norma. Lui parla di natura, di vento, di acqua che vive. Rimango impressionato da questo verbo. Dice proprio " l'acqua dolce che vive alla base delle cave". Ha un rapporto privilegiato con tutti gli elementi. Non li teme, li rispetta. E' un cantore, progenie degli antichi. Ogni tanto mi osserva. Fa una pausa. Rimango immobile in attesa che riprenda. Faccio le mie foto quasi di nascosto. Non usa i social, si è solo convertito ad un cellulare semplice e alla posta elettronica. Il mio tablet che ritengo un fedele compagno mi sembra adesso solo un profanatore in mezzo a tanta meraviglia. Fotografo teste di cavalli, donne sirene, foche monache e ad ogni scatto chiedo scusa mentalmente a quelle opere per il disturbo arrecato. Mi ricorda a tratti Modigliani, a volte il Barocco Siciliano con le sue forme aggettanti. Ho dovuto far ricorso a tutto il mio coraggio per chiedere di far entrare l'auto nel vialetto e poterla immortalare insieme ad alcuni dei suoi pezzi. Onestamente mi aspettavo un rifiuto, ma come tutte le persone eccezionali immagino abbia capito al volo quanto ci tenessi e mi ha detto un si con un sorriso. Porto con me il ricordo dei "cantuna", la pietra corallata, la pietra che canta, bianca e bella come la luna, pietra nella quale ogni immagine acquista nuovo valore, nuova coerenza, pietra nella quale ogni soggetto ritrova la purezza delle origini. La ringrazio Maestro. A presto.












































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